All’immigrazione ci dicono che l’assicurazione non è obbligatoria, così in pochi minuti ci fanno il permesso temporaneo e ripartiamo, le colline sono tonde e la strada sale e scende, la gente saluta, i contadini lavorano nelle risaie o nelle piantagioni di banane..tutti sono cordiali e sorridenti. Le città sono carine e pulite, le zone rurali sono caratterizzate da case di bamboo a palafitta con uno stile di intreccio molto particolare. Dopo aver preso un po’ di pioggia a goccioloni ci fermiamo nel centro di Naranjal, tanta gente, Street food e negozietti.
L’aria è  fredda e molto umida, le montagne sono alte e ci sono molte cascate, la strada è bagnata, si sale sempre di più, gli indios delle montagne sono vestiti con stivali, mantello e cappello e l’immancabile machete si spostano con gli asini che qui hanno un pelo lungo e arruffato, sono incuriositi da noi e dal nostro strano e carico mezzo di trasporto, tutti ci salutano!

Il panorama è  bellissimo, ruscello, fiori colorati, cascatelle, mucche, terreni coltivati.. ma purtroppo le nuvole rendono tutto scuro, arrivati a Rio Bamba si fa un check ai freni e all’ammortizzatore, cambiamo il filtro dell’aria e poi via verso la capitale. Passiamo varie coltivazioni di cacao e mais e ci fermiamo a Sangolqui dove passiamo la giornata in una vecchia fazenda, abbiamo bisogno di riscaldarci perché fa proprio freddo, ci risvegliamo con la pioggerellina, la voglia di ributtarsi sotto il piumone è tanta ma dobbiamo proseguire.

Quito è molto trafficata ma il centro storico vale la pena, tappa successiva Otavalo, anche questa è città molto carina, superiamo vari laghi con le tipiche imbarcazioni andine fino ad un paesino dove coltivano fiori e per strada i venditori hanno mazzi di rose di ogni colore…bellissimi!
Superata una comunità afro ci aspettano salite ripidissime e lunghissime, VaLe soffre ma non molla, noi invece siamo congelati, ecco che ci si mette anche la pioggia, stop a Bolivar.


Fili nell intento di cambiare i freni, che con tutti sti sali e scendi sono arrivati alla fine, si rende conto che il nuovo tamburo non ne vuole proprio sapere di uscire..rimandiamo l’operazione a data da determinarsi.
Ci dirigiamo a Tulcan dove ci aspetta un’attesa lunghissima di 7 ore per passare la dogana, la mal organizzazione degli uffici e i tanti venezuelani in fuga creano una fila lunghissima.

Arrivati in Ecuador!
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